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Nel crepuscolo del tuo nome
Ho consumato la notte
sulle rovine del tuo ricordo,
come un pellegrino stanco
che torna sempre
al luogo della propria fine.
Le tue mani —
oh, quelle mani di luce sottile —
non sfiorano più la mia pelle,
eppure bruciano ancora,
come ferite che non imparano
a cicatrizzare.
Ho camminato nei corridoi dell’anima
chiamandoti piano,
mentre l’alba nasceva
indifferente al mio supplizio.
Nessuna risposta —
solo l’eco funebre
del tuo silenzio perfetto.
Sei stata l’unico respiro
che sapesse di eternità,
la musica che volevo ascoltare
anche quando il mondo taceva.
Poi la sorte, crudele amante,
ti ha portata via da me
come se fossi mai stato degno
di trattenerti.
E ora vivo spezzato,
mendico di memorie,
innamorato di un fantasma,
guardiano della tua assenza.
E cerco ancora i tuoi occhi
nell’inverno del tempo —
sapendo che non tornerai,
ma pregando, ogni notte,
che almeno il dolore
non smetta mai di ricordarmi
che un tempo
ti ho amata davvero.